sabato 8 ottobre 2016
Praga non si fidava di Giuseppe Setti
I servizi segreti dell’ex Cecoslovacchia non si fidavano di Giuseppe Setti. Quest’ultimo secondo alcuni studiosi fu un industriale di Reggiolo che fece il doppio gioco, raccontando fatti italiani all’intelligence dell’Stb. I documenti che mi sono giunti da Praga in un cd rom, invece, non sembrano confermare totalmente questa ipotesi. Stiamo analizzando in maniera approssimativa, con una scadente traduzione automatica di Google, un dossier che gli ex cecoslovacchi prepararono tra il 1971 e il 1986 sul terrorismo italiano. In realtà, l’indagine si svolse in gran parte tra il 1977 e il 1978. Una delle prime relazioni in ordine di archiviazione riguarda questo Giuseppe Setti. Il solito ufficiale Kubin raccontò il 27 ottobre del 1975 come furono organizzati i contatti con l’imprenditore nativo di Reggiolo, classe 1923. Secondo la relazione, Setti apparteneva al partito comunista italiano e dopo il 1947 venne mandato in Cecoslovacchia per un indottrinamento politico. A quanto pare l’Stb non ne era al corrente. Al suo ritorno in Italia, nel 1955, il Sifar italiano lo accusò di essere una spia. Pare che Setti fu anche maltrattato dalla polizia. E quando nel 1965 chiese un nuovo passaporto, per recarsi in Cecoslovacchia per affari, gli fu negato. Fu a quel punto che Setti si rivolse all’Stb, il quale attivò tra il 1967 e il 1968 dei contatti con lui per negoziare una collaborazione. Sembra di capire che il manager di Reggiolo cercasse dei documenti per espatriare, tuttavia Kubin in più passaggi della sua narrazione scrisse che l’Stb non riteneva l’industriale una persona affidabile. I motivi stavano certamente nelle attenzioni che il servizio segreto italiano aveva per i suoi spostamenti, ma forse anche nel fatto che Setti si mostrava più interessato agli affari che alla politica.
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